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IL RECUPERO INTEGRATO DEI CENTRI STORICI

Documentazione, rilievo e comunicazione per la sostenibilità


I centri storici italiani sono il risultato di un processo generativo che ne ha plasmato la forma e che ne ha stratificato i segni ed i linguaggi nelle varie epoche. Favorire la cultura delle tradizioni permette lo sviluppo di un ambiente urbano sostenibile che consente di compattare le città, concentrando i servizi e sfruttare l’habitat naturale per il commercio, i centri storici. La necessità di codici grafici per gestire le azioni di recupero integrato è oramai assunta come necessaria; trova soluzione nell’introduzione di repertori tipologici e quaderni del recupero che derivano da una accurata campagna di rilevamento e documentazione che riguarda le caratteristiche formali, estetiche e funzionali. Nella pratica contemporanea il mercato della sostenibilità e della protezione sismica rischia di prendere il sopravvento sulle scelte sociali e culturali a medio-lungo termine portando la progettazione a considerare solo gli aspetti tecnici e tecnologici.

I centri storici italiani sono il risultato di un processo generativo che ne ha plasmato la forma e che ne ha stratificato i segni; tale “evoluzione naturale” ha continuamente concorso ad arricchire i linguaggi formali ed estetici del costruito. Tale fenomeno si riscontra in tutto il bacino del Mediterraneo dove la storia, i bisogni reali delle comunità e le culture locali hanno determinato la strutturazione spaziale degli insediamenti che si sono adattati anche agli aspetti climatici e al sito geografico. Il processo di costruzione dei luoghi testimonia l’immersione dell’uomo in un certo ambiente, la definizione di un habitus, la ricerca di soluzioni “artificiali” per il vivere e l’abitare perseguendo la strada della continuità e del contrasto verso il paesaggio naturale, e definendo così il linguaggio del paesaggio costruito.

Un processo che non solo si preoccupa di adattarsi alla morfologia del sito ed alle condizioni climatiche ma comprende anche i valori immateriali che derivano da una “comunione spirituale, estetica e religiosa indotta dal paesaggio, dalle sue forme e dai messaggi che reca”. Il paesaggio, sempre nelle parole di Eugenio Turri, costituisce il “risultato ultimo, visivo, di portata ambientale, ecologica, dei percorsi storici, sociali e psicologici. Esso è la proiezione del nostro Heimat, dell’ambiente del nostro vivere, riferimento delle nostre più profonde identità”.

Una vera azione integrata di recupero e tutela di un paesaggio costruito o naturale deve diventare “un fatto intimo, da riportare alla coscienza individuale, anche se rientra tra i grandi fatti territoriali, collettivi e addirittura planetari”; un fortissimo senso di rispetto verso un dono “troppo spesso tradito in cambio di beni puramente materiali”.

Un paesaggio non più connotato da una accezione romantica ma come frutto dell’impronta dell’uomo, da considerare nella sua complessa dimensione antropica. L’ambiente, costruito e naturale, si può rappresentare cogliendone quell’insieme di segni che si rifanno alle trame delle società che li producono e al modo in cui le culture, e le comunità che le esprimono, lasciano la loro impronta. Un recupero integrato si deve interessare alla società ed alla sua rete produttiva ma anche alla storia, alle tradizioni e al modo in cui queste si manifestano.

I patrimoni storici “minori” non derivano da una committenza illuminata che si è affidata all’opera di un maestro dell’architettura, non seguono una teoria specifica ovvero una pratica da trattatista ma si rispecchiano la collettività indifferenziata che esprime le sue capacità “artigianali” radicate negli usi, costumi e stili di vita del territorio; un patrimonio genetico locale, legato alla realtà regionale, influenzato dalla risorse disponibili e dai fattori climatici. Favorendo la tradizioni e l’identità locale si permette lo sviluppo di un ambiente urbano sostenibile che consente di compattare le città, concentrare i servizi e sfruttare l’habitat naturale per il commercio: i centri storici e gli insediamenti di prima espansione che hanno una struttura densa, esteticamente referenziata e multifunzionale.

Sia i piccoli nuclei che le città storiche costituiscono i poli della socialità quotidiana e offrono conforto materiale e spirituale a milioni di cittadini. La maggior parte dei centri storici supportano oggi, nonostante tutto ancora in maniera efficiente, le attività e le necessità della vita moderna mentre molte delle nuove urbanizzazioni non possono garantire neanche i requisiti e il comfort di base.

A testimonianza di ciò in numerosi paesi europei i loro principi costitutivi ed il ritorno alle forme tradizionali, sono assunti come modelli di riferimento in antitesi alla pratiche meramente speculative e convenzionali della pianificazione contemporanea; è in atto una vera inversione di tendenza con progetti avviati e conclusi e che in molti casi rientrano tra le best practices di agenzie governative.

All’epoca contemporanea spetta il dovere di proseguire quest’opera, adattandola alle necessità e supportandola con le conoscenze tecniche ma mantenendone il carattere ed il senso del luogo. Materiali locali, sapienza artigiana, arte semplice a servizio della comunità, un’ideale di bellezza sottilmente ricercato nei dettagli dell’architettura, insomma una sostenibilità integrata senza pretese ideologiche ed eccessi tecnologici, per loro natura ad elevata impronta sull’ambiente.

In un’epoca segnata dalle notizie sull’economia in “decrescita” si torna, utilizzando un noto slogan commerciale, a dare maggior attenzione al rapporto “qualità-prezzo” e quindi si promuovono i modelli abitativi che garantiscono il rispetto delle economie territoriali e la conservazione contestuale del patrimonio costruito. La pratica convenzionale dello crescita urbana, gli sperimentalismi e la monotona applicazione di standards astratti, ancora oggi perseguita nel nostro paese, sono ormai lontani dalle esigenze di una civiltà moderna, creano danni all’ambiente e ai cittadini, condannati a vivere consumando tempo e risorse in attività inutili ed alienanti. Nel caso dei centri storici, oggetto di azioni di recupero, la rigenerazione efficiente dei tessuti urbani passa per la condivisione di principi e strategie da individuare tramite dinamiche di inclusione dei cittadini e delle organizzazioni; un processo partecipativo che permette di integrate le pratiche della sostenibilità nella progettazione della città.

Il recupero sostenibile deve essere perseguito, aggiornando le normative, coinvolgendo i cittadini, individuando alternative allo spreco ma senza indirizzarlo al mero risparmio energetico; la riflessione culturale è più ampia, olistica proprio perché riguarda un complesso di valori ed indicatori, materiali e tangibili nella loro fisicità ma anche morali, sociali e difficilmente classificabili in una norma. La necessità di codici grafici per gestire le azioni di recupero integrato è oramai assunta come necessaria; trova soluzione nell’introduzione di repertori tipologici e quaderni del recupero che derivano da una accurata campagna di rilevamento e documentazione che riguarda le caratteristiche formali, estetiche e funzionali.

Sul fronte anglosassone e in Nord America sono stati messi a punto tools di pianificazione denominati Pattern Book che documentano il carattere del tessuto, analizzandone le componenti tipologiche e urbane, ed indirizzano le successive azioni di progetto. L’analisi degli attuali processi pianificatori ha portato a valutare soluzioni alternative all’approccio culturale convenzionale che ha causato l’inevitabile espansione del tessuto suburbano attorno ai centri abitati e all’erosione del territorio naturale con una forte perdita della qualità urbana e ambientale.

Al fine del corretto intervento nel tessuto urbano è importante raggiungere una conoscenza strutturata del contesto storico e ambientale attraverso l’esplorazione dei precedenti culturali e architettonici del luogo. Il rilievo dei caratteri urbani e ambientali viene finalizzato all’evidenziazione degli indicatori della qualità o del degrado degli spazi pubblici e del tessuto costruito. Tale azione può permettere “il recupero e la valorizzazione dei nuclei abitati e dei luoghi di interesse storico-artistico, il miglioramento della qualità architettonica e il recupero del valore paesaggistico del territorio anche attraverso l’eliminazione delle opere incongrue”, così come sancito nell’art. 1 della Legge regionale Emilia Romagna n° 16 del 2002. A tal fine, come auspicato dalla legge, occorre sviluppare la conoscenza del territorio urbanizzato e ad esempio una categoria di indagine è costituita dalle tipologie insediative, studiate al fine di comprendere come gli edifici privati influenzano la percezione e l’uso degli ambiti pubblici; altro aspetto di studio riguarda alcuni elementi tipologici (presenza di porticati o allineamento dei fronti) che condizionano il comportamento sociale incoraggiando la presenza di attività commerciali o una migliore integrazione degli abitanti.

La qualità urbana è strettamente legata alla presenza di spazi pubblici gerarchicamente articolati attraverso piazze, strade e parchi che caratterizzano i diversi quartieri della città. La struttura di tali spazi rivela con certezza la qualità intrinseca di un ambito urbano ma è necessario indagarli anche nella capacità di permettere il transito veicolare e pedonale e di assicurare l’adeguato decoro e la comodità d’uso attraverso alberature, arredo urbano e illuminazione pubblica.

La conoscenza del lessico della città si attua attraverso il riconoscimento di tutte quelle regole architettoniche che definiscono l’immagine finale del costruito, perciò materiali, uso del colore e tecniche costruttive rivelano l’identità di un luogo o evidenziano una scarsa caratterizzazione degli spazi. Questa categoria costituisce probabilmente l’aspetto più delicato dell’indagine affondando le mani su quegli elementi che donano coerenza e finitura ai tipi edilizi indagando gli aspetti delle tradizioni culturali e costruttive locali, esplorando i caratteri dell’architettura vernacolare e del patrimonio storico e monumentale. La qualità ambientale invece è legata all’analisi di come le risorse naturali messe in relazione con gli spazi costruiti creano un contesto di vivibilità e di armonia.

Il paesaggio urbano e naturale devono dialogare attraverso uno scambio ed un bilanciamento delle risorse che devono essere valorizzate e sostenute da adeguati strumenti progettuali. Il carattere architettonico della città, con implicazioni dirette sulle qualità urbana e sociale, è rappresentato dalla sua ampia gamma di elementi strutturali ed estetici; ne è testimonianza la presenza di una miscela di tipologie di abitazioni con caratteri vernacolari e moderni mentre le costruzioni tipiche del luogo riprendono il lessico riscontrato in altri ambiti della regione. L’analisi dell’identità locale (che qualche autore considera come il DNA del paesaggio costruito e naturale) consiste nel rilievo analitico ed integrato dei fattori che ne descrivono forma, relazione con il contesto, aspetto ed uso.

La conoscenza e la documentazione di queste qualità si riferiscono generalmente a tre distinti ambiti: gli interni urbani, le caratteristiche del tessuto e la forma dei fabbricati (Urban Patterns and Interiors), che identifica i tessuti chiave in relazione a forma urbana e spazio pubblico in maniera da evidenziare la scala ed il carattere delle principali strade e tipologie di isolati; le tipologie edilizie (Building Typologies) partendo dal tessuto più antico, uno studio analitico delle masse, della scala, delle proporzioni e dei dettagli dei principali tipi edilizi; il paesaggio ed il verde urbano ed agricolo (Town Landscape Patterns), muri, superfici, mappe cromatiche, combinazioni percettive, impianti stradali, arredo urbano, vegetazione, tessuto agricolo che corredano e completano le funzionalità degli ambiti urbani ed extraurbani di cintura.

Tale Pattern Book oltre agli strumenti di comunicazione tradizionali, della rappresentazione dell’architettura e del paesaggio, si avvale delle possibilità offerte dalla tecnologia digitale e multimediale e pertanto sono impiegate anche le immagini fotografiche immersive (a tecnologia QTVR) e formati di comunicazione audiovisiva che servono anche alla promozione del dialogo sociale e l’innovazione nel tema della crescita urbana e della sostenibilità. Le ricerche in atto vogliono definire uno standard grafico-progettuale che può supportare la promozione della qualità architettonica e urbana del territorio.

Attraverso la stesura di un codice morfologico si definisce una corretta base grafica propositiva e attuativa stabilendo le “nuove” convenzioni grafiche a supporto del progetto urbano. Ciò è possibile perché i codici (riferiti successivamente ad ambiti specialistici) costituiscono il veicolo per tradurre le intenzioni del masterplan in forma costruita ma allo stesso tempo sono anche strumenti di rappresentazione e comunicazione mostrando, senza ambiguità, come sarà creata o recuperata la struttura urbana. Le informazioni necessarie al progetto vengono raccolte attraverso strumenti grafici sintetici organizzati sotto forma di abachi tipologici grafici, si arriva perciò alla rappresentazione del lessico grafico ed alla stesura di opportuni glossari raccolti in un documento di analisi che può essere denominato come Codice Tipologico (che deriva appunto dal citato Pattern Book); a quest’ultimo sono associate rappresentazioni per sezione a carattere urbano ed extraurbano che descrivono il cambiamento dell’immagine del territorio al passaggio dall’ambito rurale all’ambito urbano descrivendo congiuntamente gli elementi strutturanti e caratterizzanti le diverse porzioni di territorio.

Gli strumenti di pianificazione e governo della manutenzione dei nuclei urbani di fatto non riescono a garantire e mantenere la qualità degli habitat tradizionali, “la supponenza e la gratuità” di numerose azioni progettuali operano deliberatamente per alterare l’armonia funzionale, morfologica ed estetica dei centri storici. Nella pratica contemporanea il mercato della sostenibilità e della protezione sismica rischia di prendere il sopravvento sulle scelte sociali e culturali a medio-lungo termine portando la progettazione a considerare solo gli aspetti tecnici e tecnologici.

Gli strumenti tecnici per raggiungere tali obbiettivi di recupero e sviluppo possono essere ad esempio quelli del flessibile piano del colore (adottati nel caso dei centri storici di Meldola (FC) e Morciano di Romagna (RN)). Tali piani approfondiscono la normativa esistente per creare un quadro di indirizzo e prescrittivo nel quale assicurare un coordinamento delle intenzioni e degli interventi. Tecnicamente definiscono un set di regole per il recupero e la manutenzione dei fronti urbani e delle singole facciate in relazione alla composizione dei prospetti, alle tecnologie e ai materiali da impiegare e all’adozione di una tavolozza di colori da utilizzare per le finiture; una serie di strumenti operativi in grado di garantire una riqualificazione urbana basata sull’integrazione tra emergenze storico -artistiche ed edilizia seriale.

Le norme hanno altresì lo scopo di tutelare la varietà tipologica, morfologica, cromatica ed estetica, nonché la migliore conservazione possibile dei modelli costruttivi tradizionali. Morciano e Meldola si sono dotate di strumenti operativi che, a partire da un quadro conoscitivo critico, disciplinano gli interventi con schede di recupero specifiche per ciascun fronte compreso nell’ambito di piano. Le due città hanno adottato un Piano del colore come supporto tecnico-operativo agli interventi specifici sulle facciate, incentivando una maggiore coerenza progettuale, il ripristino tipologico e l’introduzione di criteri di bioarchitettura. E’ stato necessario definire criteri e linee guida per intervenire concretamente sui caratteri ambientali, estetici, economici, sociali ed amministrativi, ancora prima di quelli architettonici, urbanistici e tecnologici. Questi criteri si indirizzano agli obbiettivi più complessi della riqualificazione urbana, vitalità, sostenibilità e innovazione nel processo progettuale e costruttivo sin dalla fase di analisi, utilizzando strumentazioni e metodi integrati di conoscenza del paesaggio urbano e della qualità architettonica. La necessità dei codici e della descrizione tecnico-grafica delle principali soluzioni si sposa con l’obbiettivo di favorire al massimo l’intervento e il miglioramento delle dotazioni tecnologiche delle facciate. E’ stato proposto uno snellimento delle procedure garantito dall’introduzione di repertori tipologici e quaderni del recupero che suggeriscono e raccomandano soluzioni che coniugano esigenze tecniche, estetiche e funzionali. In conformità alle indicazioni che emergono in sede europeo, la normativa è stata innovata articolandola su tre documenti fondamentali: la Tavolozza dei colori e delle tonalità; il Codice dell’architettura, dei materiali e dei colori; il Quaderno delle decorazioni di facciata, delle tecniche e dei materiali da impiegare.

La Tavolozza riporta una selezione di tinte e tonalità giudicate ammissibili per trattare le superfici di: Murali, Ferri, Legni; tale palette deriva dall’analisi delle cromie esistenti nel centro storico e dal confronto con quelle esistenti nei principali centri storici della regione. Ogni cromia è individuata con una numerazione progressiva ed una combinazione di codici oggettivo e in riferimento a sistemi colore commerciali. Il Codice dell’architettura, dei materiali e dei colori costituisce invece la normativa particolareggiata per l’attuazione operativa del Piano. Le norme, riferite alle principali categorie omogenee di elementi morfologici, compositivi, tecnologici, nonché relativi ad impianti ed arredi, sono state articolate secondo una logica di prescrizione ed una logica di raccomandazione. Il Quaderno delle decorazioni di facciata, delle tecniche e dei materiali da impiegare, strettamente correlato alla normativa, presenta invece il citato repertorio che fa riferimento al lessico architettonico tradizionale. E’ suddiviso in base alle categorie omogenee di elementi morfologici, compositivi, tecnologici, nonché relativi ad impianti ed arredi e riporta le norme di prescrizione e le norme di raccomandazione.

L’obiettivo delle ricerche è stato di definire gli strumenti ed i metodi per supportare il progetto di recupero delle città e dei centri storici. Gli strumenti di rappresentazione e rilievo descrivono il lessico morfologico della città, ridefinendo la pratica e i metodi della progettazione urbana e costituendo una piattaforma conoscitiva per dovrebbe indurre un miglior controllo della azione di progetto. Uno sviluppo di tale ricerca riguarda la definizione di standards di qualità grafica da inglobare nelle fasi di progetto sotto forma di raccomandazioni che le Amministrazioni pubbliche dovrebbero predisporre ad integrazione dei Regolamenti urbanistici ed edilizi (RUE). E’ perciò importante lavorare sul fronte dei regolamenti prescrittivi grafici per supportare la manutenzione e il recupero della città secondo indicatori di identità e qualità urbana dove procedure comparative tra proposta di progetto e codice grafico diano un giudizio certo sull’esito dell’intervento; in tale modo si da la possibilità alle amministrazioni di adottare strumenti agili per controllare la crescita e l’evoluzione della città secondo gli obiettivi di qualità urbana e ambientale suggeriti dalla normativa.

Una rappresentazione lacunosa delle intenzioni progettuali ha spesso accentuato la realizzazione o la comprensione degli interventi lasciando spazio a interpretazioni controverse basate quasi esclusivamente sulla lettura di farraginosi documenti scritti. Le ricerche in corso stanno indagando l’uso di codici prescrittivi a carattere grafico, non più testi prolissi da decodificare ma un ritorno al valore comunicativo degli strumenti normativi e progettuali. Questa nuova strategia culturale nell’approccio alla progettazione sta trovando una ampia base di consensi tra le amministrazioni pubbliche, in molti casi vittime, loro malgrado, di questo meccanismo, e trova inoltre consensi popolari perché incentiva al dibattito e alla soluzione reale dei problemi realizzando gli auspici di trasparenza. Gli interventi sul territorio devono avere perciò una natura concertata evitando l’autoreferenzialità di certe costruzioni e finalmente la normativa regionale stabilisce il concetto di “opera incongrua” e di “salvaguardia del decoro e dell’ornato pubblico”; occorre evidenziare come le opere architettoniche e il disegno della forma urbana possono incidere sulla vita all’interno di una comunità.

L’urbanità, la densità del tessuto costruito, la presenza di spazi pubblici e di tipologie edilizie riconoscibili facilitano la promozione dell’identità e della cultura urbana. In conclusione la qualità del paesaggio, naturale o urbano, è fondamentale per il nostro benessere ed equilibrio psico-fisico e allora non possiamo non interrogarci sul rapporto tra architettura e felicità, ben noto nel passato. Anche se la situazione è spesso molto complessa, o in qualche caso già compromessa, occorre lavorare per creare una maggiore consapevolezza e coscienza civica sull’espressione tangibile del bello, relativo, delicato spesso sfuggente ma assolutamente legato alla ricchezza delle tradizioni locali. Il mercato della sostenibilità, cerca di prendere il sopravvento sulle scelte culturali e strutturali, con interventi discutibili da parte di eticisti, di chi vuole fare dell’ecologia un trend (o un brand), di chi spesso irrompe sulla scena da opportunista o da chi invece, paventando scenari catastrofici, propone consigli da sopravvissuto!

La soluzione non sarà da affidare al “profeta” di turno che professano in maniera equivoca avanguardie anacronistiche ma alla collettività che esprime una pluralità che può assicurare il concorso di arte, commercio, artigianato, tecnica e cultura urbana per creare luoghi durevoli, di valore e di crescita umana. Pretendere di esprimere “i nostri tempi”, così come auspicato dalla Carta di Venezia del 196414 ha avuto la sola tragica conseguenza di comunicare un fallimento globale, inadatto a spiegare il tempo e il luogo, allontanando i progetti dall’economia reale delle città e portando l’architettura oltre i suoi doveri di arte applicata al benessere delle persone. E’ il tempo in cui si torni ad occuparsi di bellezza come servizio creativo per il bene comune, atto per ricreare attraverso la materia, la memoria e l’habitat dell’uomo15. L’ecologia contemporanea deve proseguire la sua strada, lasciando le ideologie ambientaliste e le logiche dei mercati globali, rientrando nella nostra mente, una nuova maniera d’intendere le idee, nelle parole di Gregory Bateson, che scrisse “Verso un’ecologia della mente”, uno sguardo in più per comprendere la crisi in cui oggi si trovano i rapporti tra l’uomo e l’ambiente.


di Giuseppe Amoruso

Dottore di Ricerca in Disegno e Rilievo del Patrimonio Edilizio e docente presso il Politecnico di Milano


(foto dal web)






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